MODENA. Per la prima volta il giudice utilizza la nuova legge sul Biotestamento per nominare il tutore di una donna in coma da mesi e quindi del tutto incapace di esprimersi. Per farlo, pone due condizioni: il tutore deve ricercare il “miglior interesse” della persona incapace e deve ricercare nel passato le volontà da lei espresse sulle sue cure sanitari e patrimoniali. La persona nominata è il padre ultraottantenne.
La nomina tutelare del giudice Masoni è unica nel suo genere. A Modena, finora, si ricorreva soprattutto all’indirizzo tracciato da una sentenza locale del 2004: prevedeva che «se l’interessato non fosse in grado di esprimere un consenso consapevole relativamente alle decisioni di natura sanitaria, all’amministratore di sostegno potevano essere attribuiti poteri di rappresentanza per esprimere il consenso informato in nome e per conto del beneficiario».
La nuova sentenza, particolarmente importante, stabilisce che chi venga nominato tutore dal tribunale - in mancanza del Dat (il biotestamento scritto) - può prendere decisioni sul malato incapace di esprimersi se si riesce a sapere che orientamento aveva questi sulle sue cure (e i loro limiti).
Il caso della svolta riguarda una donna quarantenne ricoverata in coma dagli inizi dell’anno presso un reparto di lungodegenza di Baggiovara, incapace e alimentata artificialmente. Una persona che, secondo i canoni di legge, è «psichicamente menomata». Ma la vita va avanti e questa donna deve in qualche modo gestire lo stipendio, i pagamenti e anche i suoi trattamenti medico-sanitari. Perciò, come riconosce il giudice, ci sono tutti i presupposti per la misura protettiva dell’amministratore di sostegno. Il punto delicato della nomina riguarda il consenso e in alternativa il rifiuto ai trattamenti medico-sanitari da parte di una persona incapace di esprimersi. Si tratta di uno dei maggior nodi legislativi affrontati negli ultimi 15 anni, soprattutto alla luce dei casi tragici di Piergiorgio Welby (2006), Eluana Englaro (2009) e, pochi mesi fa, Dj Fabio. Casi che hanno portato alla luce una grave lacuna legale accendendo polemiche politiche senza fine sul tema dell’accanimento terapeutico. Anche dopo l’approvazione del 22 dicembre scorso della Legge sul Biotestamento. Si tratta di una legge che «esclude la rappresentanza in materia di atti personalissimi», come queste scelte mediche e patrimoniali. Il giudice ricorda infatti che, come aveva già espresso la Corte Suprema, il consenso poteva già essere manifestato dal tutore della persona interdetta «a condizione che venisse ricercato il suo “best interest” e ricercandone la volontà precedentemente da lui espressa». Un indirizzo che prevede scelte basate su un consenso consapevole, come prevedeva anche la sentenza di Modena. In base a tutte queste considerazioni, il giudice ha incaricato il padre, un ultraottantenne, di seguire la figlia in coma «col consenso dei familiari». Ma ha posto anche dei limiti precisi alla sua azione. Può curarsi di aspetti patrimoniali come la riscossione dello stipendio o della pensione, anche per la cura e per i bisogni quotidiani. È obbligato però a investire il capitale riscosso che resta dopo le spese in titoli obbligazionari fruttiferi e alla scadenza reinvestirli in titoli analoghi, deve presentare e sottoscrivere eventuali istanze e denunce, anche di carattere fiscale, agli uffici pubblici per il conto corrente della figlia. Per quello che riguarda la sanità, l’aspetto più delicato, il tutore deve prestare il consenso informato - o in alternativa il l rifiuto - per le cure e i trattamenti necessari per la salute. Ogni anno deve presentare un resoconto scritto sull’attività svolta per il beneficiario e sulle sue condizioni di vita.