MODENA. I più grandi si fermano al pomeriggio e aiutano i più piccoli a fare i compiti. Una didattica tra pari, una “peer to peer” ante litteram, che sta riscuotendo successo a scuola, con una ricaduta positiva sugli apprendimenti, sul recupero delle insufficienze, sul potenziamento.
Accade all’Istituto tecnico economico Barozzi , dove prosegue con successo da cinque anni l’iniziativa “Compiti insieme”, animata da un gruppo di alunni tutor delle classi quarte e quinte che hanno risposto alle sollecitazioni di alcuni insegnanti che credono fortemente nel fatto che la didattica tra pari possa rappresentare una efficace chiave di volta.
La concretezza si misura sui fogli a quadri, dove alunni di quinta che hanno già assimilato numeri e formule, spiegano ai più giovani come ragionare meglio per risolvere un polinomio o un’equazione. Ciò che sembra insormontabile, nonostante l’impegno dei professori, diventa all’improvviso facile e fattibile se di fianco di fianco trovi un quasi coetaneo che tra una battuta, uno sguardo dolce e magari un rimprovero in gergo giovanile, ti fa capire dove sbagli o come procedere verso la soluzione, senza il timore reverenziale che tante volte paralizza.
«È la prima volta che lo faccio» racconta Alice Bavaro, 19 anni, della 5 A, indirizzo amministrazione finanza e marketing. È di turno con altre studentesse della stessa classe, dopo che il prof. Loris Cavani, responsabile del progetto, «ci ha proposto di dare una mano a chi ha bisogno, mi è sembrata una bella cosa. Tra studenti ci si capisce. Oggi facciamo lezioni di matematica ed economia aziendale, chimica».
Per Alice c’era quasi un debito morale: «Sono contenta di avere aiutato delle persone. Anni orsono avevo usufruito di questo servizio e ora posso ricambiare. All’epoca mi era servito molto. Con il docente c’è un rapporto professionale, qui c’è un rapporto più confidenziale e se uno è bravo a spiegare si capisce tutto. Ovvio che il prof sa meglio le cose, ma noi possiamo dare una mano».
La sua compagna Elisa Bignardi segnala un altro aspetto: «La scuola come ambiente ti dà come un senso di dover stare concentrato sui libri. Invece di stare a casa a coccolare il gatto, studiando qui assieme agli altri si fa meglio per il solo fatto di essere a scuola. È un’esperienza che consiglio perché uno mette a disposizione le proprie conoscenze per gli altri».
Gloria Thompson, modenese, figlia di genitori ghanesi, stessa classe, arriva da Magreta, è prossima all’iscrizione a Giurisprudenza e ha un rimpianto: «Tra pari – commenta – è più efficace studiare e se io avessi avuto qualcuno che mi avesse aiutato in questo modo avrei avuto una media più alta. Oggi sto aiutando i ragazzi di prima in matematica. Facciamo i polinomi, poi inglese. Come esperienza è gradevole. La prima volta ho aiutato due ragazzi a fare diritto, avevano capito cose che in classe non avevo compreso bene e ne sono felice».
Enoch, nigeriano, classe prima E, conferma: «Imparo più velocemente. Faccio matematica, ho sette ma vorrei potenziare la preparazione». Poi c’è Alba, 1 G, alle prese con i prodotti notevoli, e tanti altri. Molti seguono lezioni di chimica e fisica, che in quinta non si fanno più e in questo caso è preziosa la collaborazione dell’assistente tecnico del laboratorio di fisica: «Da qui l’idea di mettermi a disposizione – spiega Filomena Molfese – L’esperienza è utile. Per noi era normale ritrovarci con i più grandi, alcuni hanno i genitori che li aiutano, altri invece trovano qui una buona opportunità per colmare alcune difficoltà. Vedo che lo scoglio più duro nei ragazzi di oggi è il loro rapporto con le misure. Oggi è tutto digitale, non hanno idea di che cosa sia una bilancia o un tachimetro e davanti a una tacchetta che indica un peso o una velocità, talvolta non riescono a comprenderle». —