La medicina sociale? Le cure di genere che privilegiano approcci e dosaggi diversi per maschi e femmine? Tutto previsto già quattro secoli fa da un medico carpigiano, al servizio del duca Francesco II, che fu tanto osannato in vita quanto dimenticato dalla fine dell’Ottocento in poi.
Eppure nella cerchia della medicina ufficiale la figura di Bernardo Ramazzini (1633-1714) rimane comunque un gigante e in occasione del terzo centenario della sua morte sono state organizzati convegni e rievocazioni. Ma al di fuori della definizione di “fondatore della medicina del lavoro”, che gli viene universalmente riconosciuta, qual’è la vicenda umana di medico e studioso del nostro concittadino a cui sono intestati, tra gli altri, la strada di fianco all’ex ospedale S.Agostino a Modena e l’ospedale di Carpi?
A dare una risposta completa ci ha pensato il Giuliano Franco (foto), docente nel nostro ateneo di medicina del lavoro. Da appassionato, oltre che specialista, della materia ha pubblicato “Meglio prevenire che curare” (Narcissus editore, 222 pagine, 14,99 euro) che parlo di questo scienziato visionario, ugualmente esperto di sanità come di geologia, con una scrittura che incuriosisce anche i non addetti ai lavori.Nato tre anni dopo la grande peste di manzoniana memoria, Ramazzini fu un precursore in ogni campo. Due le opere che lo consacrano come uno dei maggiori scienziati del suo tempo: De Norbis Artificum Diatriba, pubblicata a Modena nel 1700, è il testo capitale dell’igiene sociale mentre nell’altra sull’origine delle fonti modenesi scandalizza i contemporanei immergendosi nel fondo dei pozzi artesiani.
Saverio Cioce