MODENA. Da oggi a domenica va in scena al Teatro delle Passioni di Modena “Belve”, spettacolo di Armando Pirozzi per la regia di Massimiliano Civica; una produzione del Teatro Metastasio di Prato con la collaborazione di Armunia - Centro di residenze artistiche. . Com'è stato cimentarsi per la prima volta con la farsa?
“Abbiamo iniziato a lavorare sui moduli tradizionali della farsa partendo da quella napoletana di Petito, Scarpetta e dei De Filippo” afferma Massimiliano Civica, “moduli comici e centrati su potere e denaro. Da lì abbiamo provato a immaginare come riuscire ad attualizzarla mantenendo l’agnizione e il lieto fine. Raccontiamo come nella società di oggi si sia ossessionati dai soldi e come questi ci governino. In scena i mostri, le belve del titolo, nei quali però tutti possiamo riconoscerci.”
Come sono e chi sono queste “belve”?
“Per loro - per noi - tutto passa in secondo piano rispetto ai soldi: i rapporti familiari, l’amicizia, qualsiasi cosa. Per i soldi sono disposti a fare tutto. Sembra che per loro - per noi - solo chi possiede lo stesso quantitativo di denaro possa far parte della stessa famiglia. Il potere si trasmette di padre in figlio in base all'entità del capitale. Questo sottende all'idea che la società sia immobile e chi detiene il potere se lo tiene per sé, non c’è possibilità di miglioramento sociale. Sul palco si alternano due sceriffi/cowboy, una coppia di anziani ricchi, una coppia di giovani in carriera, un cardinale e un chierichetto, un cantante rap e una fan del genere. La scintilla che innesca la scena è il tentato avvelenamento dei vecchi ricchi da parte della coppia di giovani arrampicatori con una cozza. Nella farsa tutte le efferatezze sono possibili perché il clima è divertente e i personaggi volutamente eccessivi. È chiaro che in filigrana, in tutta questa esagerazione, si ritrova qualcosa del mondo che ci circonda.”
Quali aspetti della realtà vi hanno ispirato?
“La realtà ci supera in qualche modo. Un anno fa abbiamo preso spunto dalla pervasività e onnipotenza del denaro, che tutto regola e tutto domina, per creare questo spettacolo. Poi, pochi giorni fa, abbiamo sentito un ex ministro affermare, durante una lezione in una scuola elementare, che i soldi rendono liberi e che solo con i soldi si può essere felici. Trovo agghiacciante constatare come, nella nostra società, i poveri siano considerati persone sbagliate.”
Connotare come “belve” i personaggi della farsa pone il vostro punto di vista su un piano politico…
“Il nostro obiettivo primario era di far ridere, di divertire. Nella farsa c’è sempre un finale felice: attraverso l’agnizione - lo svelamento di un’identità nascosta - tutto finisce in gloria. Il paradosso della farsa è che, mentre sul palcoscenico irrompe la gioia, in platea il pubblico resta amareggiato pensando che questo non avviene tutti i giorni. Il teatro ha una sua specificità che non c’entra con la politica. Da un lato è superiore ad essa perché, occupandosi del persistente della condizione umana, si eterna: non c’è progresso, ma solo evoluzione. Il teatro ha una complessità maggiore rispetto alla politica; per questo è capace di insegnare la compassione.” —